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martedì 28 dicembre 2010

Il Formaggio senza buchi: una storia di dipendenza

Qui tutto passa
Senza fare rumore
Bene accetto

Fino all’età dell’adolescenza (età in cui inizio ad aprire i miei orizzonti) il formaggio con i buchi non mi era mai piaciuto. Un sapore strano, gommoso, fastidioso, che profumava troppo di mucche, orologi e montagne. Poi imparai ad apprezzarlo. Tutto nella vita può essere apprezzato. Basta volerlo.
Amavo talmente tanto il formaggio che per un certo periodo lo mangiavo spesso anche appena prima di pranzo, e quasi tutte le sere. Ricordo che il mattino dopo camminavo con la mano sulla pancia ed ero convinto di sentirla sempre più grossa del giorno prima, ed era una cosa continua. “Quel formaggio sarà la mia rovina” pensavo. Non avevo tutti i torti.
Un’estate delle tante che passai da mia zia su quei vecchi pazzi colli di Cuccaro Vetere, lessi su un vecchia rivista che il formaggio ha proprietà che possono causare dipendenza, in pratica la stessa cosa che succede con la nicotina solo che quando ti tagliano l’emmenthal al banco non ci appiccicano sopra un adesivo del tipo “Il formaggio nuoce gravemente al tuo peso”. 

Il tizio al banco si limita a sorridere ingenuamente con quel dannato di cappellino di carta in testa e con un coltellaccio in mano e a chiedere “lei cosa prende?” e io chiamato in causa sussurro “un etto di Asiago” o quel che diavolo era, quasi cercando di non farmi sentire dal resto del mondo, e lui me lo taglia e me lo incarta con cura, magari me lo mette in qualche bella bustina trasparente che adesso non ricordo e io esco dal supermercato bello felice pensando che poi ne mangerò un pezzo quella sera stessa, e nel pensare questa cosa mi sento tanto simile a un cocainomane a cui hanno appena regalato 10 grammi. Poi inizio a pensare che se apro l’incarto per mangiarne un pezzo poi dovrò mangiare al più presto anche tutto il resto perché altrimenti inizia ad ammuffire… Solitamente basta poco, se si cerca di risparmiare pezzi qua e là per conservare il formaggio il più a lungo possibile non passa molto tempo che la muffa se ne impossessa come un virus letale, o come un tumore maligno che attacca lentamente le cellule del malato-formaggione. La prima, la seconda, la terza volta ("andare e ho visto!" citazione necessaria). Con la scusa di questa muffa del cazzo avevo praticamente finito un etto di Asiago in tre giorni o forse meno. Non era il formaggio a spaventarmi, non era nemmeno la dipendenza in sé, quanto piuttosto che fosse una dipendenza alimentare. Io, come tanti altri esseri umani nel mondo, attratto da cibarie buone e squisitamente superflue, mentre la solita solfa della gang frutta&verdura continua a venir ripetuta ininterrottamente dai soliti che si intromettono nelle tue abitudini alimentari, come i nutrizionisti trasformati in testimoni nei TG o opinionisti nei talk show. 
Alla fine convinsero anche me, che quando abbandonai per sempre la via del formaggio intrapresi quella di bietole e spinaci, ma se da un lato mi sentivo libero dalla dipendenza maledetta dall’ altra ero incatenato in quella benevola, dove se non hai un piatto di verdura la sera perché hai dimenticato di andarla a comprare ed ecco la paranoia è pronta che ti aspetta dietro l’angolo. Io non mi sono mai preoccupato perché a tavola mi mancava il formaggio.
Dipendenza alimentare? Non solo il formaggio, ma anche il caffè. Se vi svegliate la mattina e vi chiedete come mai non riuscireste a sopravvivere senza la vostra “dose” quotidiana di caffé nero espresso con due zollette di zucchero di canna bello caldo avete scoperto il perché, ma probabilmente lo sapevate già. Sono io quello che scopre le cose in ritardo.
Fatto sta che il caffè la mattina mi era praticamente indispensabile per evitare di crollare nel treno prima di raggiungere l’università, e lo stesso dicasi per il ritorno. Come me, tanti altri.
Che la dipendenza fosse allora motivata? Anche il formaggio fornisce quel calcio che è “indispensabile per affrontare la giornata” (come scrivono da secoli sulle scatole dei cereali insieme a tante altre cazzate ma ormai non ha più nessuna importanza).
Questa santa fissa del formaggio non è mai stata in realtà un vero dilemma, ma con gli anni ha costituito per me la metafora di un rapporto nei confronti del cibo spesso poco salutare a livello di quantità/qualità che alla fine mi indusse a cambiare qualcosa nelle mie abitudini ormai radicate. Il formaggio era un cibo proibito. Non faceva male di per sé: ma era buono, e in quanto buono calorico, in quanto calorico evitabile. Conteneva grassi animali come il burro, quelli da “evitare come la peste” se si hanno problemi di peso. Non che io abbia avuto seri problemi di peso, i più normali sulla faccia della terra, il classico chilo di troppo, ma di cosa si deve preoccupare la società se non di mali diffusi come questi? Cure contro l’obesità? Gli obesi sono ben pochi se confrontati con chi ha semplicemente quel peso (e pancia) in più che fanno la differenza.

1 commento:

  1. Il formaggio è una tra le cose più buone che esista! Mangiane quanto ne vuoi, con i buchi, senza buchi, stagionato, fresco. E per i chili di troppo, lascia perdere le eccessive restrizioni. Fai sport, che comunque fa bene anche al cervello (e te lo dice uno che con lo sport non ha molto a che fare :D )

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