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sabato 15 ottobre 2011

Le nuvole sono un po' come noi

Il colore delle nuvole al crepuscolo non è mai uguale. A volte sguazzano cirri striate che si afflosciano come corde di un violino esplose durante un concerto, e si stagliano in un blu profondo e infinito, scorrendo lontane mentre sei lì a chiederti "dove andranno mai a finire quelle simpatiche striscioline bianchicce?


Altre volte ti ritrovi attorniato da cumulonembi feroci e minacciosi, tutti neri come la cenere ma molto più densi nell’aspetto. Ora volano qui, ora volano lì, belli tranquilli, tuonando e passandosi tuoni e lampi come in un gioco innocente tra bambini che si lanciano un frisbee correndo sul bagnasciuga.
I nembostrati rossi avvolgono il sole in un abbraccio rovente, sembrano quasi accarezzarlo mentre tutt’intorno il cielo si trasforma in un manto apocalittico, instabile tra il chiarore del mattino e le oscurità notturne.


Avanzano lentamente… Giochi di luce ed ombre, lenti, ammalianti, sospiri inquieti, abbracci di vita che ci guarda dall’alto. Puoi sentire un impercettibile fruscio tra quegli ammassi morbidi e chiari, che si spandono dolcemente sopra la tua testa. Un fruscio che deriva direttamente dalla tua anima.


E’ strano vedere come tutte le persone non troppo impegnate nell’affanno della vita si dedichino per un momento ad osservare il tramonto. Non è difficile capire perché. Quando l’orizzonte si fa rosso basta solo dimenticarsi per un attimo di essere sé stessi e l’abbandono a quel rossore penetrante diventa irresistibile. Ci si affloscia timidamente sul cornicione del balcone, si incrociano le gambe e senza accorgersene nemmeno si diventa un tutt’uno con il sole, con il cielo velato di porpora e con le nuvole che lo avvolgono. Se in quei rari e brevi istanti si riesce a dimenticare tutto, basta davvero poco per diventare parte di quel mistero seducente che è la morte del giorno.

Si, il crepuscolo è qualcosa di affascinante per tutti: affascina perché racchiude in sé il mistero delicato del passaggio tra il giorno e la notte, tra l’oggi e lo ieri, tra la giovinezza e la vecchiaia, tra ciò che è stato e ciò che non sarà più. Quando si è piccoli si crede che sia l’oceano a mangiare il sole: lo si vede abbassarsi sempre più e ci si chiede come faccia quel pallone incandescente a fare quella misera fine, 16 milioni di gradi kelvin spenti in una massa d’acqua sterminata. Così l’unione tra il sole e il mare genera la notte; è il mare a rubare il sole al cielo, glielo strappa, con dolce e velata violenza, in un abbraccio intenso e appassionato. Il cielo, rimasto solo, si tinge di scuro, come l’anima di una persona alla quale viene strappato ciò che possiede di più prezioso. 


Le nuvole non hanno ruolo in tutto questo. Loro osservano, scrutano, passano incuranti da una parte all’altra. Alcune partecipano a questo gioco di luci, si tingono di rosso e si intromettono alla forte emozione del sole, altre cercano di coprirlo, di strapparlo vanamente a quell’abbraccio stregato. Altre preferiscono la regola dell’indiscrezione, viaggiano lontane tingendosi di scuro precludendo già a quello che avverrà, diventando un tutt’uno con il dolore del cielo, spogliato del suo bene.
Le nuvole sono un po’ come le persone, o come l’anima delle persone: bianche, rosse, scure, tutte diverse, ognuna che va avanti per la sua strada, alcune incuranti delle loro compagne, altre che preferiscono seguire il branco e unirsi a lui in una danza lieve, ora dolce, ora più violenta, ma sempre lieve, lieve, lieve e lenta.
Le nuvole sono un po’ come i sogni: ora piccole, ora più grosse, si intrecciano tra loro e sembra che possono andar avanti anche all’infinito, ma poi, stanche, si allontanano o svaniscono nel nulla, morendo nel blu infinito, nel rosso del crepuscolo.


Le nuvole sono un po’ come noi...

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